Questo portfolio nasce dalla necessità di ordinare le fotografie scattate durante le cinque visite nel quartiere chiamato Via Italia 103, esattamente dal 25 agosto 2014 al 21 settembre dello stesso anno. Il progetto ha il nome di “Children of brigade 103” perché è dedicato ai bambini e ai ragazzi che sono cresciuti e che vivono in questo quartiere. Il lavoro eredita lo stesso utilizzo di tecniche fotografiche e supporti utilizzati nel mio progetto autobiografico “Un tempo mio”, quindi pellicole istantanee, 35mm e manipolazione tramite scrittura e segni, ma assume le caratteristiche di un reportage.
Qualcuno penserà giustamente che la fotografia si faccia solo viaggiando, esplorando territori e nuove culture. E’ vero, ma come posso comprendere quello che è fuori dalle mie dimensioni quotidiane se non ho compreso affondo il mio territorio, studiando la mia cultura e me stesso?
Uno dei protagonisti di questo piccolo racconto visivo è Ivan Zagarella, nato e cresciuto in Via Italia 103, grazie a lui è stato possibile realizzare questo progetto fotografico.
Voglio capire dove e come crescono i bambini in mezzo al cemento armato e a cortili di palazzi che fanno da recinto a cavalli ed altri animali. I terrazzi ospitano le colombe in casette costruite appositamente.
Immaginavo di trovare un’ambiente ostile a me ed alla mia macchina fotografica, invece sono stato accolto nella vita e nelle case di questa gente umilissima e generosa. Ivan mi ha fatto da guida e mi ha presentato Salvatore, un ragazzo fiero di mostrarmi la casa delle colombe, liberate appositamente per immortalare quel momento. Catturano le colombe e poi le liberano per una fotografia!
Forse si sentono come queste colombe, che anche dopo la liberazione tornano sempre nella loro casa sopra un palazzo di Via Italia 103.
Salvatore mi ha mostrato anche i suoi cavalli da corsa, che vivono in uno spazio recintato nel terreno dietro i palazzi. Mi spiega che: “è venuta la guardia di finanza a vedere le condizioni delle bestie perché molta gente invidiosa parla male, ma i miei animali vivono benissimo”.
Ha anche due capre e non si capisce mai di chi siano figli i bambini che giocano intorno, forse perché sono figli di tutti, sono figli di uno stile di vita, liberi e prigionieri allo stesso modo delle colombe. Crescono tra le scale dei palazzi e nei cortili circondati dal cemento.
Il vero padrone è il cemento armato, gettato senza controllo dappertutto.
Salvatore mi accompagna a fare un giro sulla sua smart nera, musica napoletana in macchina e i ragazzi davanti a noi sui motorini, ci accompagnano a vedere “la casa del pecoraro” l’unica struttura in pietra appartenente ad un’epoca lontana dall’ edilizia popolare. Vuole un CD con tutte le foto del mio lavoro in questa zona, ama questo posto e la sua gente, vuole registrare, come me, tutti i volti e tutte le storie.
C’è chi chiede un ritratto al proprio pit-bull e ringrazia, le donne mettono in mostra i bambini per uno scatto.
La vita di tutti è di tutti.
Le condizioni strutturali dei palazzi sono precarie, le crepe e le spaccature mostrano il ferro arruginito. Le costruzioni sono alte e ospitano molte famiglie. Dal terrazzo si vede la zona di Priolo, grande complesso industriale, il mare e le petroliere. Al tramonto si illuminano mille luci e sembra di guardare una metropoli da una realtà lontana.
Ogni uno di loro coltiva nel cemento il proprio angolo di paradiso ed ho scoperto che la qualità della vita dipende dai punti di vista e non si misura in beni posseduti ma dalla forza di mantenere vivo quel pezzo di paradiso che coltiviamo tutti dentro e fuori di noi.
I bambini su questo pianeta hanno sviluppato un potere particolare: l’antigravità. Saltano sopra qualsiasi cosa, da qualsiasi altezza, sono veloci, forti e non conoscono il limite della proprietà. Saltano sopra scooter, auto, i tetti dei prefabbricati in metallo, scavalcano ringhiere, si arrampicano attraverso i tubi del gas per arrivare nei balconi più alti e non lo fanno mai da soli. Perché quello è un gioco, un gioco di gruppo. Un gioco dove si tenta di staccarsi da terra per più tempo possibile e di superare limiti territoriali invalicabili. Se la leggerezza nel prendere la vita è una dote fanciullesca, questi bambini riescono a manifestarla in tutta la sua potenza, psicologicamente e fisicamente.
I bambini sono seguiti alle volte, da ragazzi più grandi di loro che provano a regolarli quando esagerano.
Vengo sempre sorpreso dal modo che hanno di interagire col territorio.
I ragazzi erano pronti per le foto di gruppo mentre le ragazze non volevano assolutamente comparire.
Vogliono assolutamente mostrarmi la “casa del pecoraro”, una vecchia casa rurale ridotta in macerie dal tempo. Tutti creano pose geometriche attraverso gli archi, le scale e le travi del tetto adagiate sul terreno della struttura. Mi portano a vedere il pozzo, un buco di un metro circa, dove anni fa è caduto un bambino dentro ed è morto. Ancora questo buco non è stato sigillato!
Usciamo, gli spazzi aperti sono contaminati visivamente da enormi antenne parafulmini montate nello spazio militare adiacente al terreno. Sono bianche e rosse, tenute in equilibrio e tensione da cavi di ferro che formano lo scheletro di una piramide.
Queste forme artificiali fanno da sfondo ad un terreno con mucchi di eternit, televisori bruciati, vasche da bagno ed altri generi di rifiuti che creano il palcoscenico dei giochi.
Il portfolio è costituito da 36 fotografie che ho preferito organizzare in forma di piccolo libro per una migliore fruizione dei contenuti.